Avventure overseas: Quando vinci due biglietti per il concerto dei Coldplay (a Miami) - PRIMA PARTE

Hello!
Oggi parleremo di un colpo di culo (si può dire culo nei blog?) allucinante. Ebbene sì, ho vinto due biglietti per vedere i Coldplay a Miami (insulti entro 3…2…1…). All’Hard Rock Stadium. Si è successo davvero ed ho un po’ pianto.
Tutto è nato quando ho scoperto il sito chiamato Global Citizen, dove venivano promosse petizioni e varie altre azioni sui social media per contrastare i problemi che affliggono il mondo, tipo fame, povertà, scarsa igiene e diseguaglianza di sesso. Ho poi scoperto che non si trattava solo di un sito, ma di una NGO internazionale della quale fanno parte persone molto note nel mondo della politica, musica, spettacolo in generale. Tramite la loro app, si può facilmente “take action” in tutte le loro campagne, semplicemente twittando, firmando petizioni e mandando e-mails ai capi dei governi, presidenti di associazioni umanitarie e così via. Tramite queste azioni, si raccolgono punti che si possono utilizzare per richiedere un premio come, ad esempio, biglietti per concerti. E fu così che mi sono iscritta a TUTTI i concerti dei Coldplay del Canada e degli USA.
Quando ormai avevo dimenticato di averlo fatto, che è successo? Ricevo una email che mi dice che ho vinto. 
E così, dopo un momento di panico generale, ho chiamato Vale, con la quale mi ero iscritta all’estrazione di questi biglietti.
*PANICO ED URLA AL TELEFONO*
*CONTROLLA IL SITO DI NORWEGIAN E TROVA VOLI A 430 EURO A/R*
*COMPRA I BIGLIETTI*
Ed è così che ho scoperto di avere davvero le mani bucate in merito. I voli aerei costavano così poco perché, nonostante fossero diretti, non avevamo nulla compreso: no copertina, no cuffie omaggio, no cibo o drinks. NADA.
E così siamo partite verso l’avventura, con bimbi latino americani urlanti (immancabili), ma con panini e cibo vario powered by Netto (supermercato economico danese).

L’ARRIVO
Essendo il concerto lunedì 28 agosto, abbiamo preso il volo che ci avrebbe fatto atterrare a Fort Lauderdale il giorno prima, domenica 27. Atterriamo senza alcun ritardo e ci avviamo a prendere un Uber al di fuori del terminal. Dopo un momento di confusione per connessione a singhiozzo ed alto numeri di altri passeggeri, saliamo in macchina ed andiamo verso il nostro motel, lì a Fort Lauderdale. Arriviamo al motel, salutiamo il nostro Uber driver e ci avviamo verso la reception, che troviamo chiusa, ma notiamo che si può contattare un numero telefonico tramite un telefono di servizio.
Vale chiama e si agita particolarmente. Io resto in attesa.
Vale si gira e mi dice che non abbiamo più una camera, l’hanno rivenduta.
*REALIZZA CHE SARÀ HOMELESS PER UNA NOTTE IN AMERICA IN UNA STRADA BUIA SENZA ALTRE OPPORTUNITÀ DI PERNOTTAMENTO*
*PIANGE INTERNAMENTE*
*PANICO GENERALE*
In quel momento, un pizza boy (più man che boy) indiano si rivolge a noi e ci domanda che problemi ci sono. Gli spieghiamo velocemente, con aria affranta (io, a Vale non fregava particolarmente il fatto di dormire per strada), e lui si offre di aiutarci, e di portarci in un altro motel.
*VEDE I TITOLI DI GIORNALE RIGUARDANTI SE STESSA MORTA NEGLI STATES*
*ANSIA*
*PENSA CHE DAI, NON TUTTE LE PERSONE SONO CATTIVE*
*PERÒ LUI POTREBBE ESSERLO*
*PANICO GENERALE*
Alla fine il nostro nuovo amico indiano ci porta davvero ad un motel, chiamato Motel 6 (dalla parte opposta rispetto a dove saremmo dovute andare il giorno dopo) con tanto di vetro antiproiettile alla reception. Prendiamo una camera (wi-fi da pagare a parte) e la nostra prima odissea finisce.

IL GIORNO DEL CONCERTO
Il giorno successivo, dopo aver dormito qualche ora e combattuto il jet-lag, ci avviamo verso Miami, dove mi ero messa in contatto con un couchsurfing host, Oliver, che ci avrebbe ospitato a casa sua. Per chi non lo sapesse, Couchsurfing è una comunità virtuale dove le persone mettono a disposizione a titolo gratuito un letto, un divano, od una superficie della propria casa, per i viaggiatori che si trovano nella città, previa conversazione e “prenotazione”. Oliver, nel nostro caso, ci ha permesso di stare in una camera tutta per noi nel suo appartamento (con piscina rooftop) a Coconut Grove. Grazie a Uber (nostro fidato compagno di tutta la permanenza in Florida), arriviamo all’appartamento di Oliver senza alcun problema, e li troviamo Marti, amica di Vale che ci ha raggiunto da Milano.
Prima cosa da fare quando si è a Miami: controllare la piscina sul tetto!

Ed è così che nasce l’amore. Quella piscina è semplicemente la meraviglia, con vista su Downtown Miami e l’oceano. Inutile dire che la piscina è stata visitata molto spesso nella nostra permanenza da Oliver.
Dopo qualche ora di relax, ci sentiamo pronte per andare al concerto e, con un Uber, ci dirigiamo a Miami Gardens, dove si trova l’Hard Rock Stadium.
ERRORE: Quando sei di fretta, mai prendere un Uber Pool, soprattutto se è l’ora di punta.
In sintesi, dopo più di un’ora riusciamo ad arrivare allo stadio (10 minuti prima dell’inizio del concerto), ma dobbiamo ritirare i biglietti li, ad uno dei tanti gate attorno alle entrate. Corriamo, mangiamo correndo, beviamo correndo, prendiamo i biglietti correndo e riusciamo ad entrare.
IL CONCERTO PIÙ BELLO.
(NIENTE DA AGGIUNGERE, VEDI FOTO)




SEGUE NEL PROSSIMO BLOG, ALTRIMENTI VI ANNOIATE.

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